A Marzo 2021 mi trovavo a Berlino, appena trasferito per un nuovo lavoro, mi ero trasferito da poco più di un mese che la pandemia divampasse anche in suolo tedesco.
In Germania si poteva uscire all’aperto ma tutti i luoghi pubblici erano stati chiusi, compreso il mio ufficio. Da un giorno all’altro mi ritrovai in un paese straniero senza la possibilità di socializzare e lontano centinaia di chilometri dai luoghi che potevo chiamare casa.
Avevo sempre mantenuto una continuità nell’allenamento da quando ero piccolo, ma è stato allora che ho deciso di prendere seriamente l’allenamento a corpo libero: il Calisthenics.
Da allora, il mio percorso di crescita nel calisthenics non si è mai fermato e, con una visione a lungo termine, ho raggiunto risultati che a inizio percorso sarebbero stati impensabili.
Ecco 3 lezioni che ho imparato dedicandomi al calisthenics che possono essere applicate a qualsiasi ambito della nostra vita.
Indice
Il percorso non è lineare

Quando vediamo un campione in qualsiasi disciplina tendiamo sempre a sovrastimare il talento e sottostimare l’impegno che ha profuso per arrivare a quel punto.
Vediamo il “prodotto finito” ma non le difficoltà, gli stalli, le emozioni anche negative che quella persona ha dovuto attraversare.
Secondo me è proprio questa idealizzazione del campione e del successo che poi ci porta ad avere un’immagine distorta del “percorso”.
Il percorso non è MAI lineare.
Questa è una lezione fondamentale per settare delle aspettative corrette quando ci cimentiamo in una nuova impresa.
Questa lezione il calisthenics te la insegna costantemente perché ogni nuova skill (ad esempio la verticale, la bandiera o la planche) che vuoi imparare ha una curva di apprendimento imperfetta e altalenante.
La frustrazione fa parte del percorso ed è inevitabile. Non provarla vuol dire non spingersi oltre la zona di comfort.
La motivazione è sopravvalutata

Quando ho cominciato ad allenarmi in palestra – la prima volta quando avevo 15 anni – era per un fine estetico, per essere più attraente e sentirmi più “uomo”.
In seguito, durante il periodo dell’università, mi sono allenato con l’intenzione di “rimanere in forma”, mentre quando ho cominciato ad allenarmi seriamente durante il covid la motivazione era ancora più profonda: un tentativo di mantenere il controllo in un mondo stravolto da nuovi paradigmi.
La motivazione è mutevole.
Inoltre, la motivazione è una miccia: un’emozione che ti spinge ad agire nell’immediato ma che tende ad affievolirsi rapidamente.
Quindi per raggiungere obiettivi a lungo termine, è sconsigliabile fare affidamento unicamente sulla motivazione, data la sua natura variabile e la possibilità che in certi periodi diminuisca o scompaia del tutto.
Quello che ho imparato, dopo migliaia di ore di allenamento, è che la motivazione sopravvalutata.
La motivazione è la miccia, le convinzioni sono i mattoni, ma le fondamenta sono l’identità: ovvero quelle convinzioni sopra te stesso da cui in maniera coerente e naturale scaturiscono molti dei tuoi comportamenti.
Durante il Covid, non solo ho cominciato ad allenarmi con più intensità ma ho anche cominciato a identificarmi come un “atleta”. Grazie a questa identificazione, e in maniera coerente, sono riuscito a progredire in questa disciplina fino ad oggi senza bloccarmi nei momenti in cui avevo meno tempo o motivazione.
Prima il volume, poi la tecnica.

Questo è un principio fondamentale di qualsiasi programmazione per principianti. Prima di focalizzarci su movimenti tecnici e complessi è bene fare “volume” sugli esercizi base.
Non sapendo ancora questo principio all’inizio feci proprio la cosa opposta: concentrarmi su skills avanzate senza avere un livello di forza adeguato, senza aver accumulato il giusto volume sulle basi.
Quando approcciamo una nuova disciplina, lavoro o impresa lo facciamo perché siamo attratti dagli elementi più difficili ed estetici. Perché siamo stati ispirati dai maestri che praticano da decenni quella disciplina.
Quello che non vediamo è il volume sugli elementi meno visibili necessario per poter esprimere quel potenziale impressionante.
Questo concetto essenziale per la programmazione sportiva si può applicare a qualsiasi ambito.
Per cominciare un’impresa di successo dobbiamo all’inizio fare centinaia di chiamate al giorno per trovare i primi clienti.
Per poter diventare un medico prima dobbiamo studiare anni sui libri.
Per poter suonare uno strumento prima dobbiamo ripetere allo sfinimento le scale e gli accordi base.
Alla base della padronanza di un’arte c’è il volume. Solo dopo arriva la tecnica e il virtuosismo.